«Finalmente si inizia a sgretolare il muro di ipocrisia etica costruito attorno alla legge 40. Resta l’amarezza nel constatare che a farlo sia stata una sentenza, di grande spessore civico oltre che giuridico, e non un intervento del legislatore». È il commento di Michele Bordo (nella foto), deputato dell’Ulivo, alla notizia che il Tribunale di Cagliari ha autorizzato la diagnosi preimpianto degli embrioni congelati di una coppia di talassemici. Tema che lo stesso Bordo aveva affrontato, suggerendone la soluzione, in una proposta di legge, presentata il 14 novembre 2006, recante “Disposizioni per l’estensione della disciplina della legge 19 febbraio 2004, n. 40, alle coppie afflitte da malattie genetiche”.
«L’obiettivo della proposta era e resta il miglioramento della legge –continua Bordo- con l’obiettivo di rimuovere il maggior numero degli ostacoli posti all’utilizzo delle tecniche di procreazione e fecondazione assistita. Nel caso specifico, i beneficiari dell’intervento legislativo sono le coppie afflitte da gravi malattie genetiche, alle quali è negato l’accesso alle tecniche previste dalla legge 40, destinata esclusivamente alla risoluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità. Queste stesse tecniche, al contrario, potrebbero essere utilmente utilizzate per effettuare le analisi, “pre-concezionali” sugli ovociti materni così da individuare ed eliminare quelli in cui si manifesta il danno genetico che provoca la malattia. Ciò consentirebbe, dunque, di fecondare in vitro gli ovociti sani e di impiantarli seguendo le ordinarie tecniche di procreazione assistita. L’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita garantirebbe interventi preventivi volti a ridurre l’incidenza di malattie come la talassemia, la fibrosi cistica, l’anemia falciforme, l’autismo, la distrofia muscolare, la sordità ereditaria o un’altra qualsiasi delle 4.000 malattie genetiche individuate da medici e ricercatori. Per eseguire le diagnosi preimpianto –continua il deputato dell’Ulivo– le coppie afflitte da malattie genetiche sono costrette ad andare all’estero, con il risultato che arrivano a pagare anche 11.000 euro per questo tipo di analisi. A maggior ragione dopo la sentenza del Tribunale di Cagliari, Governo e Parlamento non possono rimanere ancora indifferenti rispetto a questo tema –conclude Michele Bordo– e accettare passivamente anche la conseguente emarginazione dell’Italia all’interno della comunità scientifica e medica europea».
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