mercoledì 5 settembre 2007

Del Carmine, Di Vittorio tra le foto in bianco e nero dell’album del nascente Partito Democratico

Ieri, martedì 4 settembre, La Gazzetta di Capitanata (inserto della Gazzetta del Mezzogiorno) ha pubblicato una lettera aperta dell'assessore foggiano Lino Del Carmine sul Partito Democratico. La riproponiamo di seguito.


Stiamo ricostruendo nuove speranze, nuova fiducia


di LINO DEL CARMINE

Da sindacalista, da amministratore che si occupa di Legalità, di Politiche del lavoro e di Immigrazione, permettetemi, tra le foto in bianco e nero dell’album del nascente Partito Democratico, di far fare capolino alla figura di Giuseppe Di Vittorio. Sessantadue anni fa, alla tribuna del Congresso di tutte le organizzazioni sindacali d’Italia che si svolgeva a Napoli, gioiva del fatto che, per «la prima volta in tutta la storia d’Italia, i lavoratori comunisti, socialisti, cattolici, repubblicani, anarco-sindacalisti e senza-partito, si sono trovati insieme».
Quella fotografia scattata con queste parole, mi è tornata in mente come fosse il ritratto dei nostri nonni, delle reciproche culture che hanno alimentato sessant’anni di storia repubblicana. All’alba di quella storia, sempre Di Vittorio si diceva fiducioso del fatto che «la Repubblica dimostrerà che un potere popolare non può essere e non sarà settario o fazioso, ma libero e generoso».
Questi giorni di costituente di un partito, di una parte che non vuole essere «settaria o faziosa», sono giorni che stanno ricostruendo nuove speranze, nuova fiducia.
Quel carattere «non settario non fazioso» penso si esprima nelle parole con cui Walter Veltroni ha avviato la narrazione di questa nuova storia. Una storia che mi appare avere le caratteristiche di quell’entusiasmo degli inizi della Repubblica italiana, entusiasmo popolare che si unisce, si ritrova insieme venendo da diverse culture politiche, tutte convinte che sia necessario «fare un’Italia nuova», «un’Italia unita, moderna, giusta», come ha detto Walter Veltroni candidandosi alla guida del Partito Democratico.
Il grande movimento delle primarie serve a trovare le energie popolari a questa consapevolezza diffusa in tutti i discorsi che ci scambiamo al bar e per le strade delle nostre città. Le primarie hanno il compito di tradurre questo senso comune in un fatto politico.
Esiste un radicato senso comune che chiede di costruire «condizioni di uguaglianza, riconoscendo i meriti e i talenti dei singoli, promuovendo l’innalzamento dei livelli di istruzione e di sapere, combattendo la discriminazione, il clientelismo, l’illegalità, che frenano lo sviluppo e opprimono i ceti popolari». Di «porre rimedio all’emergenza ambientale: alla febbre del pianeta, alla riduzione della biodiversità e agli inquinamenti». Di fabbricare un partito «partito plurale, con meccanismi affidabili di partecipazione, con una trasparente dialettica interna, con una vera cultura riformatrice».
A me piace l’idea che questo Partito Democratico sia anche «capace di radicalità, se ciò significa non aver paura di cambiare a fondo la struttura e le forme del potere, dai rapporti di lavoro alle istituzioni, né di contrastare le cristallizzazioni sociali e gli interessi dei più forti». Traggo questi concetti dal documento con cui si è formata, a livello nazionale, l’idea di costituire una lista “A sinistra per Veltroni”. Penso che qui, nella nostra Puglia, nella storia politica passata e recente, nella storia politica che stiamo vivendo, queste caratteristiche di “riformismo radicale”, lungi dall’essere una contraddizione, sono invece una coordinata per produrre quelle profonde trasformazioni che la nostra gente vuole.
Ho, abbiamo esperienza di quanto vasto sia stato il sentimento popolare che chiedeva alla politica di «operare per il rafforzamento del diritto internazionale e per le istituzioni della pace». Non come richiamo vuoto, ma con un serio impegno «su scala globale contro la povertà, le malattie, lo sfruttamento». Lo sappiamo perché ascoltiamo, in questa terra di immigrazione, le storie dei “nuovi italiani”, come li ha definiti Veltroni.
Ho, abbiamo esperienza di quanto sia sentito il bisogno di promuovere i diritti civili e di cittadinanza, di «combattere l’omofobia e garantire la parità per tutte le persone, in modo tale che la loro vita sociale non sia più negativamente condizionata a causa dell’orientamento sessuale o delle scelte individuali relative alla vita privata e all’affettività».
Ho, abbiamo esperienza di quanto sia sentito il bisogno di riaffermare «il primato del lavoro (in tutte le sue forme: lavoro dipendente e lavoro autonomo): la sua qualificazione e valorizzazione; più cultura e più diritti; più regole contro la precarietà e l’incertezza».
Ho, abbiamo esperienza di come sia respinta l’idea di un Sud senza Italia, di come sia sentita, invece, la necessità di un partito nazionale, italiano, che sappia cogliere le «domande di giustizia e di innovazione che vengono espresse nei diversi territori».
Come dice il documento della lista “A sinistra per Veltroni”: «Sia per il Nord che per il Sud c'è bisogno di una democrazia capace di decidere, di sburocratizzare i rapporti fra cittadino e Stato. C’è bisogno di un sistema formativo che funzioni e crei uguaglianza. Serve una lotta senza tregua contro il crimine e contro le sue cause».
Queste cose ce le diciamo a ogni angolo di strada delle nostre città. Dobbiamo darci appuntamento, domenica 14 ottobre, per affermarle in maniera organizzata, aperta, regolata. Il nostro voto, il voto dei cittadini della provincia di Foggia alle primarie del Partito Democratico, quei 5 euro sono il prezzo per organizzare i nostri bisogni e le nostre aspirazioni. Un modo civile per mettere energia nel progetto di fare un’Italia nuova. I figli accompagnando i padri e i nonni ai seggi dell’Italia nuova.
Come diceva Di Vittorio parlando a Firenze, nel 1954, alla Conferenza nazionale delle donne lavoratrici: «Noi non domandiamo l’impossibile. Domandiamo ciò che è realizzabile e che è giusto».

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